Cosa accade nel nostro cervello quando ci innamoriamo
Tutti conosciamo quella sensazione di euforia che proviamo quando ci innamoriamo: i nostri pensieri si concentrano quasi esclusivamente sulla persona amata, ricerchiamo costantemente la sua vicinanza e desideriamo trascorrere più tempo possibile insieme. Quando siamo lontani, sentiamo una strana sensazione di vuoto che vogliamo colmare; possiamo notare cambiamenti nell’appetito, difficoltà a dormire e persino una lieve ansia, spesso descritta come “farfalle nello stomaco”. L’amore può sembrare quasi una malattia! Potremmo quindi chiederci “ma è amore o dipendenza affettiva?”
Il libro The Chemistry of Love di Michael R. Liebowitz, pubblicato nel 1983, è un’opera pionieristica che esplora la biochimica dell’amore e dell’attrazione. Liebowitz, psichiatra e ricercatore, presenta una visione scientifica di sentimenti comunemente ritenuti misteriosi e intangibili, mostrando come emozioni come l’innamoramento siano legate a processi chimici e neurologici nel cervello. L’autore si concentra in particolare sulla dopamina, un neurotrasmettitore associato al piacere e alla gratificazione: l’innamoramento è descritto come uno stato euforico, simile agli effetti di una droga, con un picco di dopamina che produce sentimenti intensi di desiderio e felicità.
Perché ci sentiamo così: una ipotesi evoluzionistica
Questo stato neurofisiologico, a livello evolutivo, sembra essere volto a favorire il legame con l’altro per assicurare la continuità della specie. Tuttavia, l’innamoramento è una fase breve, durante la quale sperimentiamo una sorta di dipendenza dall’altro sostenuta da processi chimici cerebrali. Con il tempo, questa “esplosione chimica” tende a regolarizzarsi e passiamo dalla fase di passione e fusione con il partner a una fase in cui l’idealizzazione diminuisce e il legame si basa su una conoscenza reciproca più profonda. Nella maggior parte dei casi, questa transizione porta a una fase di stabilità e serenità in cui il legame si rafforza, mentre in altri casi, alcune persone restano legate alla ricerca costante di sensazioni euforiche.
Senza negare il ruolo fondamentale dei processi psicologici nella costruzione e rottura dei legami affettivi, la teoria di Liebowitz, secondo cui l’amore può diventare una sorta di “dipendenza chimica”, trova riscontri negli studi più recenti di neuroimaging. Questi studi mostrano come, nell’innamoramento, ci sia un’attività delle regioni del “sistema della ricompensa” che grazie al rilascio di dopamina ci fa provare piacere. L’autore paragona il desiderio di vicinanza e il bisogno della persona amata ai sintomi di astinenza nelle dipendenze, il che spiega, in parte, il dolore provato alla fine di una relazione.
Amore sano: una sana dipendenza
Abbiamo visto come un certo grado di dipendenza sia normale nelle prime fasi dell’innamoramento e che questo sia funzionale per consolidare il rapporto. È un errore comune credere che questa intensa sensazione di attaccamento al partner sia sbagliata e pensare quindi che per stare bene in coppia si debba essere completamente indipendenti. In realtà, l’elemento chiave non è l’indipendenza assoluta, ma una sana dipendenza. Come esseri umani siamo biologicamente predisposti a creare legami: il nostro sistema di attaccamento, attivo fin dalla nascita, ci spinge a cercare la vicinanza dell’altro, un bisogno che, come affermava Bowlby (padre della teoria dell’attaccamento), persiste “dalla culla alla tomba”. In una relazione sana, entrambi i partner sono capaci di dipendere l’uno dall’altro senza perdere la propria identità.
Le esperienze di attaccamento nell’infanzia svolgono un ruolo centrale. Bowlby sosteneva che il legame tra un bambino e la sua figura di riferimento primaria è un bisogno innato, volto a garantire protezione e sicurezza. Questo legame influenza lo sviluppo psicologico e relazionale del bambino, modellando la capacità di stabilire rapporti sicuri da adulto. Diversi studi hanno mostrato come la teoria dell’attaccamento offre una struttura per comprendere meglio la dipendenza affettiva. In particolare, alcuni studi evidenziano una correlazione significativa tra uno stile di amore ossessivo e uno stile di attaccamento ambivalente. Chi ha sperimentato un attaccamento ambivalente nell’infanzia tende a temere la perdita del legame e il rifiuto, risultando spesso preoccupato per le proprie relazioni.
Mentre l’amore sano si basa sulla reciprocità, nella dipendenza affettiva c’è uno squilibrio: uno dei partner può essere accudente, mentre l’altro si dimostra assente o rifiutante. In questi casi, il valore personale e l’autostima dipendono interamente dall’altro; la relazione diviene l’unico modo per colmare le proprie ferite, e tutte le energie sono focalizzate sul non perdere il legame.
La dipendenza affettiva: similitudini con le dipendenze da sostanze
In un innamoramento sano, l’attività del sistema dopaminergico (che regola piacere e gratificazione) tende a stabilizzarsi con il tempo; nella dipendenza affettiva, invece, questo equilibrio non si raggiunge. La produzione di dopamina resta costantemente legata al partner, generando un bisogno compulsivo.
Si sviluppa così una vera e propria dipendenza comportamentale, con forti analogie alle dipendenze da sostanze: euforia quando si è con il partner, desiderio compulsivo (simile al craving nelle tossicodipendenze), tendenza a passare sempre più tempo insieme, simile alla tolleranza, inizialmente per rivivere l’euforia e successivamente per attenuare la sofferenza legata alla relazione stessa. Infine, si possono manifestare sintomi di astinenza quando la relazione finisce, come depressione, ansia, irritabilità e disturbi del sonno e dell’appetito. In questo stato, chi soffre di dipendenza affettiva è vulnerabile alle ricadute, che consistono nel tornare nella relazione anche se causa sofferenza.
La fase di innamoramento e la dipendenza affettiva sono dunque fenomeni distinti. L’innamoramento rappresenta una fase iniziale naturale dell’amore, mentre la dipendenza affettiva è una risposta patologica che si attiva per fronteggiare intensi stati d’animo negativi in cui il bisogno dell’altro diventa ossessivo e pervasivo.
Come superare la dipendenza affettiva
Per superare questa condizione è necessario un percorso psicoterapeutico che prenda in considerazione sia i sintomi (paragonabili a una vera sindrome da astinenza, con ansia, depressione e senso di vuoto) sia i significati personali che la persona attribuisce alla relazione, i quali derivano in larga parte da schemi relazionali disfunzionali formatisi durante la storia di sviluppo.
Il dolore del rifiuto e l’incapacità di elaborarlo innescano e mantengono la dipendenza. Chi soffre di dipendenza affettiva vive spesso con l’idea di non valere nulla e di non essere degno dell’amore altrui, il che può portare ad autocritiche e comportamenti nocivi. In terapia è possibile lavorare su queste immagini nucleari di sé, favorendo una visione più sana e positiva, che permetta di perseguire scopi e desideri personali che nascano dall’interno e non siano più dipendenti da fattori esterni.
L’esperienza graduale di una nuova e più benevola percezione di sé, getta le basi per relazioni future più sane e mature, basate su reciprocità e su una rinnovata autostima, in grado di resistere anche quando la relazione non funziona o giunge al termine.
Bibliografia
- Bowlby, J. (1982). Costruzione e rottura dei legami affettivi, Raffaello Cortina Editore, Milano.
- Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello Cortina Editore, Milano.
- Brennan K.A., Shaver P.R. (1995), Dimensions of adult attachment, affect regulation, and romantic relationship functioning, Personality and Social Psychology Bulletin, 21, 3, pp. 267-283.
- Fisher, HE, Caron, A., & Brown, LL (2005). Amore romantico: un sistema cerebrale dei mammiferi per la scelta del partner. Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences , 361(1476), 2173-2186.
- Hazan, C., & Shaver, PR (1987). Romantic love conceptualized as an attachment process. Journal of Personality and Social Psychology , 52, pp. 511-524.
- Liebowitz M. R. (1983). The Chemistry of Love. Boston: Little Brown. Trad. it: La chimica dell’amore. Milano:Rizzoli, 1984